LA DEPRESSIONE

 

          Un giorno un uomo viene condannato per una colpa che non ha commesso, ma per la quale lui stesso effettua una confessione. Viene imprigionato in un cella buia, isolata, lontano da tutto e da tutti, c'è solo una piccola finestrella, lì, in alto. Passano i giorni: due, tre, dieci... e questa cella diventa sempre più angusta, sempre più scura, sempre più buia, tanto che ogni giorno l'uomo si arrampica verso la finestrella, passandoci ogni volta più tempo. Una notte vede che nel cortile della prigione stanno costruendo un patibolo: “lo stanno costruendo per la mia condanna” - pensa tra sé e sé. Allora comincia a scervellarsi su come poter fuggire dalla cella, finché un giorno ci riesce! Entra nel cortile, sale sul patibolo e si impicca da solo.

(Tratto e rivisitato da F. Kafka, il suicida)

 

 

        Al giorno di oggi si parla molto di depressione; è una diagnosi tornata di moda. In ambito medico è definita come una malattia organica dipendente da fattori neurologici e fisiologici “disfunzionali”: dovrebbe essere causata da uno scompenso biochimico nel cervello a fronte del quale va somministrata una compensazione farmacologica. Molto spesso, insieme alla depressione, vengono rilevati degli episodi di mania (periodi di umore particolarmente ed eccessivamente euforico), per cui la diagnosi si trasforma in disturbo bipolare (alternanza di periodi “up” e “down”), a fronte del quale viene assegnata una terapia farmacologica di due-tre farmaci da assumere per tutta la vita.

 

         Esistono poi miriadi di approcci che si propongono di risolvere tale problematica: tecniche di rilassamento, credi religiosi, stili di vita new age, alimentazione “corretta”, yoga, terapie ufficiali e non... Orientarsi negli infiniti meandri delle soluzioni proposte e predicate è, a mio parere, molto più difficile che uscire dal male stesso.

 

          Ci sono indubbiamente alcuni dati di fatto: una parte degli approcci, terapie, tecniche, stili di vita proposti, possono ottenere dei risultati positivi, ma solo in una percentuale di casi. Nessuna delle soluzioni sbandierate si dimostra prevalentemente risolutiva del “male”.

 

            Ma cosa si intende per depressione? La formulazione di un concetto indirizza già verso la strada della soluzione. Nei manuali diagnostici la sindrome depressiva viene intesa come una mancanza di interesse e motivazione che spinge l'individuo a ritirarsi dalla vita e a vedere tutto nero. In tal senso essa è intesa come una malattia che ha come conseguenze tutta una serie di sintomi: bassa autostima, umore depresso, assenza di desiderio, etc.

 

E se la logica fosse esattamente l'opposta?

 

          Se fosse invece che la persona, in seguito all'aver ripetutamente fallito nel lottare contro delle problematiche, alla fine si scoraggiasse, dichiarandosi irrimediabilmente sconfitta?

           

          La depressione sarebbe allora la naturale conseguenza di un problema affrontato in modo fallimentare e non una malattia a sé stante.

 

         Questo è ciò che ha rilevato la ricerca-intervento del prof. Nardone e dell'equipe di studiosi, attraverso lo studio terapeutico su migliaia di casi clinici.

 

      Le sindromi depressive sono delle reazioni, delle risposte a condizioni che possono essere tra loro molto diverse: vissuti emotivamente traumatici, esperienze personali e sociali negative, tentativi ripetutamente falliti di cercare di risolvere i propri problemi, etc.

 

            In questo modo intuiamo immediatamente perché non possa esistere una cura univoca per la depressione:

 

          Un conto è la reazione depressiva di un individuo che, in seguito ad un grave lutto, si butta giù scivolando nel baratro; un altro è l'atteggiamento di una persona che si dichiara sconfitta dopo aver combattuto per 10 anni contro i propri attacchi di panico.

             

         Una cosa è aiutare chi ha sviluppato nel tempo una scarsa stima di sé, che si cementifica fino a diventare percezione di totale incapacità; un'altra è affrontare la problematica di chi, sviluppando una fobia sociale, si tiene per anni nascosto in casa. Gli esempi possono essere innumerevoli!

 

          Per una persona molto disordinata, che non raggiunge i propri obiettivi a causa della propria sregolatezza e in seguito a ciò si deprime, l'aderire ad uno stile di vita metodico, propinato ad esempio da uno dei tanti gruppi new age, potrebbe essere una soluzione per riuscire a fare un po' di ordine nella propria vita. Ma la stessa soluzione si rivelerà fallimentare per chi fa dell'ordine la propria ossessione compulsiva. Si tratta di due problemi differenti che possono portare entrambi a sintomi depressivi simili, ma che vanno risolti ognuno in modo differente.

 

       La terapia breve strategica affronta direttamente il problema alle sue radici ed è efficace ed efficiente per la totale risoluzione del disturbo. In psicoterapia, dopo aver letteralmente “schiodato” la persona dalla sua posizione di rinuncia e vittimismo, condizione tipica del depresso, procedo con l'affrontare e risolvere quelle problematiche che, nel tempo, hanno portato il paziente a nutrire totale sfiducia in se stesso o nella vita, buttandosi giù e dichiarandosi sconfitto.

 

            In questo modo la persona, facendo esperienza delle proprie risorse e capacità, si riappropria della vita, ricostruendola mattone dopo mattone.

 

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I farmaci antidepressivi, come funzionano o dovrebbero funzionare?

 

La teoria dello scompenso chimico nel cervello del depresso è mai stata dimostrata?

 

Su quali presupposti funzionano o dovrebbero funzionare i farmaci antidepressivi? Il loro effetto è così diverso da un placebo inerte?

 

In questo video trovate il mio resoconto approfondito dello studio del ricercatore Irving Kirsch sugli antidepressivi.

 


Davide Norrito - Psicologo e Psicoterapeuta - ricevo a Trapani

Iscritto all'Ordine degli Psicologi della regione Sicilia al n° 4735